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Ronde scoscese si fermavano

Ronde scoscese si fermavano, mentre Carla rutilante inspirò il fresco delle nebbie. Libro di sabbia si scese nel posto in cui prima, riconosciuto, il topo convertiva farfalle. Fu allora che le nebbie ricalcarono i pitoni premendone il petto agitato. Non aveva ancora risuonato nel piano, che Carla poté rinascere.
"Ciao, mi serve un posto di scorie azotate: rifacimento di nebbie."
"Ne so qualcosa - rispose Porto - ma oggi si frantuma il tempo."
"Non importa; ho la macchina sul retro."
Riconducendo i topi per il flauto, Carla rifletté su Porto e le sue scorribande jazzistiche nel sole; non avendo chi conducesse i colli a destinazione, avrebbe potuto berne di più senza la fibrosi cistica.
Carla premette a sua volta, i petti di Porto scoscesi, quasi come se avessero anelli infilati a un di presso.
Nemesi ricomposte non avrebbero fatto di meglio, pensò Carla, quando i soldi fruscianti addosso a Jack consegnarono i quadri a chi di dovere. Un misto di sensazione e trionfo rese i soldi anche a Porto.
"Non avrebbero potuto farne a meno, indipendentemente dal colore dei quadri su carte da poco spiegazzate."
"Sei tu che frequenti? Solitamente si agitano per un nosocomio infantile."
"A patto che polle liquescenti favoriscano il nocumento prostrato."
"Ti amo, lo sai?" favorì Carla, col solito ambiguo incedere scorto nel jazz.

Il professor Mericoni intercedeva più in alto, scorrendo fili che più funi non si può, e più tirava meno se ne bevevano i topi. Non per questo rasente, consentì a Carla:
"Mi porgi le frutta misteriche, o bevi con me?"
"Bene diceva di te un sarcastico zelo dipinto."
"Più o meno nel tredicesimo secolo?"
"A patto di ponderare se porti rispetto a funi."
Nebbia di nuovo concisa che si riscalda nel come, lo zelo non si era convertito. Totani infilati, e il dì presso cui lavorava sentiva di solfuro.
"Salutami, al porto, le benne estatiche."
"Se l'amore non potesse, rimango almeno io" rispose Carla, saccheggiando le ghiacce membra rattoppate.
Ne fu grato assai, anzi di più, cosicché sciolse il documento del suo perdono con le conseguenze sfavorevoli, né frantumò altro per quel giorno. Non più.

Dominanti che si attardavano al culmine della scala, parapetti esclusi, condiscendevano con Porto sulla necessità di avvitarsi, mentre il legato postale confiscava.
"Nondimeno avrei potuto serbare ancora, qualora scosceso, se le nebbie avessero infierito." Stava dicendo Porto al professionista, ma topi non sentivano nelle regioni sottostanti.
"Le ancore tenevano, suppongo, e il posto era tranquillo. Non credi che avvitarne ancora avrebbe favorito il perdono?"
"Nulla va mai perduto." Ribatté Porto con le frange di scarico.
Fragranze rieccheggiavano agli astanti, con certi passettini tutti mosse di lato, ma il professionista non se ne fece un passo che Carla si aggiunse, commiserando oltre il molo.
"Ecco che non bastava il quarto, tocca perdere il terzo." Disse il professionista asciutto. Ma non dimentichiamoci gli assi che Carla aveva rattoppato dal professore: furono questi massi in più a ribadirne il golfo, e la sua professione che siede, un secondo portato.
"Il contorno di fiati sarebbe meglio: non sorda alle vostre cerimonie - commentò con un tono assuefatto - ho fallimentari becchimi con me sorti alle vostre risorte intenzioni. Se intenzionate le percezioni nell'ambito di un'ottava, i petti d'uovo sapranno trovare soluzioni."
"Alchemiche?"
"Chimiche!" replicò stizzita la Carla che ben conoscete.
Il professionista arrancò per poco, ma il porto era offerto al pasto di quinte, nonché silente, mentre le nebbie non si sarebbero frantumate ancora per un ché. Ché Vara sarebbe giunto in valle d'appresso al comandante a risollevare le sorti d'un porto risoluto a non confiscarsi. Nessun maiale avrebbe potuto far meglio, ma per quella volta non sarebbe stato un atto di forza a costringerla, Carla; le barbe incanutite non erano prova sufficiente di cerimonie ormai falsificate, e Porto sarebbe stato al sicuro dagli oltraggi.
"Avrebbe potuto almeno avvertire." Disse il professionista, non convinto. Ma dentro sé capiva assai più che non direbbe, grazie al professore e alla sua dote.
"Amiamoci ancora un poco." Fu l'unico risentimento possibile.

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Ora, può darsi: l'autore avrebbe potuto un sermone mischiare alle ruote che, radenti, vi avrebbero fatto riconoscere i topi, e il nosocomio mio impolverato (benché da fuori vi appaia ancora integro infatti, l'olio è da tempo venduto da altri), non più esalante ritenzione da olfatto commentata, avrebbe potuto a me pure mostrare i corridoi ormai raddrizzati.
Ma troppa era la tentazione di riesumare Porto, a parte quel fragore di luci a cui mi piacque accecare lo sguardo mentre la storia d'un ché d'arte fatto se ne veniva fuori me nonostante. Questo è il commento, e l'unica parte quasi comprensibile, della vicenda avita. Avida non di vita ma di fatti, mentre altre chitarre suonano per il ché forse sto gridando il mio perdono di aver perso le mie.
Di là lavano i piatti, e le nebbie nel sole marzolino scioglie colei che ancora temo.

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