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Raccontomatto

Avrebbe sbattuto contro Elisa, dando vita al resto della vicenda, perché si era mosso di scatto, per evitare il tavolino del bar che non avrebbe dovuto essere lì, come i vigili avevano già detto al proprietario e infatti costui, Michele, da allora sempre s'era fatto premura di poggiarlo mezzo metro più accosto al muro, posizione quel giorno mutata dal professor Lorenti per mettersi all'ombra di una ciminiera a tranquillo trascorrere, così riparato, le ore di riposo dal suo impegno: la stesura di una nuova opera sul suo concittadino Marco Peruvio, noto, oltreché per le opere di Lorenti da questi con instancabile cura diffuse, anche per essere stato il fondatore del locale liceo, quasi cent'anni prima, che, pochi decenni dopo l'apertura, avrebbe servito da incubatore per una generazione di allievi particolarmente dotati, fra cui era inevitabile citare Marzia Serti, scienziata illustre, avendo ella ottenuto preziosi risultati nello sviluppo di tecniche innovative per lo studio delle particelle, quali erano state usate dalla squadra diretta da Monty Feldman in un prestigioso laboratorio statunitense in cui aveva lavorato lui, prima che l'azienda gli avesse fatto un'offerta, a permettergli di tornare nella provincia adiacente a quella dove sua mamma era nata e ancora stavano parenti, benché un po' dispersi dopo il fattaccio di Adelmo, coinvolto in quella famosa rissa di delinquenti che si contendevano i loschi affari di tutta una cittadina il cui capo dei pompieri, Ulisse, zio di Elisa, aveva fatto addirittura rimuovere un consigliere comunale che aveva stornato fondi europei destinati all'immigrazione, tanto che negli anni persone come Amira si erano viste negare il sostegno al lavoro finendo preda di mestatori di chiaro orientamento anche politico, alla maniera in cui al paese dove ora egli abitava stava avendo successo una certa Pulvicini, dopo un'interrotta carriera nella stessa azienda di lui ma addetta alle pubbliche relazioni, attività che le aveva permesso di spendersi a favore di Mario Fermi, imprenditore di facciata e fondatore del Labirinto, locale alla moda per molto tempo ma la cui preminenza era adesso insidiata dal Veliero, che anch'egli preferiva, aperto nella zona dell'ex conceria, chiusa nonostante i buoni fatturati, a causa di una lieve contrazione del mercato, ormai insufficiente a sostenere la manodopera presente un dì, il cui proprietario, dovendo rendere conto a finanziatori al lucro interessati e non già allo storico lustro del paese, non riuscì a evitare che costoro trasferissero i capitali là dove speravano in quello zero-virgola-poco-di-più utile a farli brevemente sorridere, puntando sull'attività di mediazione in cui Elisa s'era rivelata capace al di là di quanto prevedibile, dati gli studi filosofici da molti considerati incapaci di preparare al mondo, con grave scorno del suo insegnante preferito, alle cui lezioni partecipava lei con un manipolo di giovani estimatori, dedito all'attività di saggista e conferenziere per guadagnare il maggior numero di seguaci alla sua disciplina, non ultimo quell'Alfredo Speziale, autore di un libro sulle implicazioni esistenziali contemporanee della filosofia plotiniana, comprato da pochi e letto da ancora meno, fra costoro Nadia Molenari, da allora sempre più addentro nell'attività sociale al punto di avere contribuito alla formazione e inserimento di varie persone disagiate, come Giusto Fernicola: da rabbioso bulletto, scolasticamente disperso e aspirante tossico era diventato caporeparto della piccola industria di imbottigliamento del paese limitrofo, dopodiché, avendo egli creduto, non foss'altro per solidarietà, nelle capacità di Samir Mankane il quale, senza studi e senza italiano, ne aveva passate di ogni genere, aveva dato un minimo aiuto per l'assunzione, contribuendo il neoassunto al successo del reparto e garantendo una gratifica, volentieri concessa dalla proprietaria, Marisa Mezzi, abituata a far parlare di sé gli estimatori e straparlare i detrattori, da destra per l'ovvia ragione che assumere anche negri era riprovevole, e da sinistra per chi ancora credeva nemico ogni imprenditore, soprattutto una che esponeva in ufficio un quadro con una massima di Adriano Olivetti, riportatale un giorno da suo figlio, che l'aveva udita all'università dal professore di economia, di ogni altra parola della lezione ignaro, troppo impegnato a inutilmente suscitare l'attenzione di Sofia Boccerini, ma nel giorno sbagliato, dal momento ch'ella non cessava di pensare all'incidente che aveva coinvolto il fratello Giacomo, perdendosi così a sua volta la lezione di cui avrebbe poi chiesto lumi al suddetto giovane Mezzi, ben contento di imbastirgliene una inventata pur di parlarle, benché si rendesse conto che l'attenzione di lei era tutta volta al fortunatamente reintegrarsi in salute di Giacomo, dispiaciuto però di non partecipare alla finale provinciale di maratona sicuramente vinta, a quel punto, da Orea Melizade, lo spilungone che aveva fatto ridere tutti alla prima vittoria quando, con la sua pronuncia ancora instabile, aveva alzato le braccia al traguardo gridando: "Arrivato uno!" mentre fra chi lo conosceva era parso commovente il fatto che sempre, giunto fra i primi, aveva esultato ma le altre volte nella sua lingua natale che tutti ignoravano qual fosse, mentre la sua vittoria era giunta insieme al primo stentato italiano, di cui orgoglioso fra tanti fu l'amico Oreste, per avere passato con lui un pomeriggio assolato e solitario di un paese spopolato dalle ferie, loro due senza soldi che, per passare il tempo, avevano confrontato le rispettive consonanti, Oreste impegnato a trasmettere le alveolari e alcune fricative alla recalcitrante bocca di Orea, volenteroso ma soprattutto invidioso di come Erete, suo connazionale, si rivolgeva alle ragazze, con ostentata preoccupazione della madre di una, Risala Luti, dalla pronuncia perfetta ma, agli occhi materni, di tutt'affatto imperfette frequentazioni, ché l'avrebbe preferita accompagnarsi all'ex fidanzatino delle medie, Roberto Miletti, che già lavorava nella stessa ditta di lui ma, e chissà come l'avrebbe presa mamma Luti, bisognoso di essere ripreso continuamente per avere scambiato l'ufficio, diceva il responsabile Arianti, per un circolo ricreativo e di ciò caricando proprio lui, che pensava giusto a come regolarsi quando improvvisamente s'era trovato innanzi quel tavolino, oltretutto in ombra, e per evitarlo aveva quasi travolto Elisa la quale vide un buffo sconcerto rappresentarsi sulla faccia di lui e fu da ciò mossa a uno spiritoso commento che diede il via al dialogo.


E come andò poi, lo sapete tutti.

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