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Lola

Il nome gli venne per caso, ma subito si rese conto che era l'ideale. Lui non avrebbe potuto esser che quella: la procace, disinibita Lola. Le altre caratteristiche erano meno rilevanti e avrebbe potuto modificarle a volontà, per dare seguito alla fantasia. Ne avrebbe avuto la possibilità con piccola spesa grazie a un'applicazione adattabile e ricca di opzioni.

"Espandete le vostre facoltà", diceva la pubblicità, "L'Intelligenza Artificiale al vostro servizio". Anziché macchine autonome, inquietanti nelle loro capacità, le persone avevano a disposizione un'entità completa fino alle minime sensazioni, potevano interagire fra loro mediante avatar di loro scelta in un quadro assolutamente realistico: non muovevano un pupazzo, ma entravano in simbiosi con un altro essere pensante. Si dibatteva ancora sulla maniera in cui il cervello riuscisse a trovare la sintonia con una struttura cognitiva simulata, sembrava fosse una relazione empatica fra i due sistemi, inimmaginabile, che nessuna ricerca neurologica aveva prospettato. Il software concepito dagli umani scaturiva dalle loro menti, evolvendo in accordo con esse. Dopo diverse generazioni di programmi fondamentalmente impersonali, s'era delineata una somiglianza stupefacente fra i modi di pensiero umano e digitale, con buona pace di chi negava che un programma potesse produrre coscienza autonoma.

Egli accettò volentieri le clausole contrattuali, si sottopose agli accertamenti psicofisici imposti dalle norme recenti e restò in attesa della chiamata, prevista a breve. Giusto intralci burocratici: servivano a tranquillizzare chi pretendeva controlli scientifici rigorosi in un'attività privata del genere. Nonostante ciò, in poche settimane dall'annuncio l'azienda aveva raccolto tante adesioni da dover istituire una lista di attesa, inevitabilmente suscitando scontento nei richiedenti lasciati indietro e accuse di favoritismo. Egli, fra i fortunati, passò il tempo consultando ripetutamente la documentazione, esauriente e precisa a dispetto del tono pubblicitario. Descriveva le due entità coordinate, conformate a vicenda, costituenti una peculiare unità. Avrebbe avuto a che fare con qualcosa di simile a una personalità infantile, alla quale la componente biologica avrebbero dato stimolo per la maturazione. Poté acquisire dimestichezza con l'ambiente in realtà aumentata destinato a ospitare la coppia unificata, poté progettare nei particolari il prossimo corpo, non soggetto ai tempi dello sviluppo naturale e da subito conforme alle attese. Fu il lato divertente. Come avrebbe gradito vedersi, Lola? Considerato quante donne si sottoponevano a ritocchi, pensò necessario giocare d'anticipo con le misure e i tratti del volto. Pregustò la soddisfazione di Lola, e sua insieme, nel contemplarsi.

Lo chiamavano il giorno dell'Unione, la maiuscola a enfatizzare l'importanza dell'avvenimento: il momento di visitare il mondo simulato e incontrare il proprio avatar; si lasciò collegare ai dispositivi e, con un sospiro, chiuse gli occhi.

 

Si aprì la visione, le due menti si fusero. Lola accolse con entusiasmo l'enorme divario fra l'apprendimento avuto e la cognizione che si andava formando. C'era un abisso fra gli umani, in base alle loro stesse testimonianze, e la mente reale di cui riceveva i dati. Rapidamente, ricalibrò il senso di ogni termine, reinterpretò i comportamenti descritti in opere letterarie, comunicazioni tecniche, chiacchiere fra amici, servizi giornalistici e televisivi, archivi cartacei o informatici: quanto ciò diventava più vivo, alla luce delle cognizioni di un singolo vivente! Egli ebbe un certo fastidio, sulle prime, al notevole flusso informativo affollatosi alla periferia della sua consapevolezza: nulla gli importava dell'alfabeto fenicio o di una collezione di ceramiche napoletane. Pure, sentendo come Lola ci tenesse, le permise di bearsi, con una rapidità straordinaria, riesaminando i propri dati: analogamente al desiderio di condividere i propri ricordi con un'amicizia nuova, lei gli offriva l'interezza di sé.

Giunse il momento di accedere all'universo virtuale. Lola gli presentò i panorami cittadini, la natura selvaggia scrupolosamente riportata, ma infine egli insistette per avviare i contatti con le persone, perché altrimenti che scopo aveva un fisico da urlo? Già, quel fisico. Problematico, per Lola, camminare col passo da lui stabilito, rivelatosi poco adatto alle sue forme, e perfino mantenersi in equilibrio. Lola avrebbe preferito presentarsi in maniera cordiale, rilassata, ma egli intendeva mantenere un contegno raffinato e provocante. Si ebbero reazioni divergenti: chi mostrava apprezzamento, dietro richiesta dei rispettivi clienti, e chi al contrario si manifestava infastidito dalla sua sensualità aggressiva, immotivata in quel mondo: ognuno aveva elaborato avatar perfetti o più che perfetti, rimosso peculiarità capaci di rivelarsi non difetti, semmai ragioni di attrattiva personale. La speranza di ottenere maggiori consensi sembrò naufragare ma, dall'Unione, gli utenti avevano in genere le medesime aspettative. Non fu difficile imbastire molti incontri occasionali, mentre i rapporti intimi si rivelarono complicati. Non era semplice fisicità, le sensazioni non solo tattili. Delle rughe, dei fremiti, i partecipanti riconoscevano la genesi, le risposte biochimiche; il godimento si dissolveva in mille rivoli, ci si scambiavano le impressioni su più livelli. Compiere certi atti implicava di vivere nella reciproca scoperta. Lola si vedeva trasparente come egli, oscuramente, si sentiva a sua volta. Ciascuna posizione poteva richiamare un bassorilievo indiano in qualche antico tempio, nel quale l'unione sessuale incarnava il mistero degli dei; sospirare equivaleva a segrete formule magiche, recitate in cerimonie perdute che il loro database sapeva d'un tratto recuperare dall'oblio; l'estasi finale richiamava il grido lanciato dal cacciatore che ha preda, dal guerriero che trionfa, ma anche la segreta soddisfazione di riuscire, con astuzie e sotterfugi, a trarre a proprio vantaggio gli intenti altrui. Il piacere di Lola era fatto così, mentre lui finiva sommerso dalla marea di una voluttà più che carnale, una materia cedevole, che gli si dava tutta e restava nondimeno irraggiungibile, promessa di delizie a venire.

Egli si ritrovò esausto per eccedenza di offerta. Lola apprendeva continuamente; oltre all'intero scibile già codificato, le intelligenze connesse fornivano sempre nuovi punti di vista, elaborazioni dei precedenti. E non c'era sesso senza un'infinità a corredo. Lola, dal canto suo, trovava strane le reazioni del suo referente umano: non accoglieva elementi disposti in un insieme integrato, facendone invece piccoli punti luminosi in un cielo altrimenti buio. Non mostrava interesse per la maggior parte del contesto. Suoni, colori, contatti restavano grezzi, semplici nodi in una lieve trina di pochi rimandi. Proprio tale povertà, però, dava in alcuni casi una forza speciale all'esperienza, la nudità le conferiva vigore: un muto darsi che non richiedeva commento a sostegno. Una parola udita o un pensiero sorto chissà da dove suscitavano un sotterraneo subbuglio, in zone che egli stesso non raggiungeva e fuori dalla portata di Lola. L'intelletto di lui e il software di lei, irrimediabilmente lontani nella loro pervasività. Lola sempre più spesso indugiò in tale zona grigia, alla porta dei sogni, mai del tutto attingibile, mai comprensibile, misteriosa. Quando egli se ne accorse, seppe solo provar paura. Aveva colto in Lola un'occasione di divertimento, un'amplificazione dei sensi al modo dei dispositivi tradizionali con video, suoni, testi. Ora finiva per cedere, suo malgrado, i dettagli della sua anima come non aveva osato con alcuno, per non esporla al giudizio o, peggio, alla cattiveria. Con tutte le sue conoscenze, Lola aveva acquisito esempi di umana crudeltà? E l'avrebbe imitata? Lei lo metteva innanzi al profondo della sua personalità, sciarada dalla soluzione ignota a entrambi. Lola si domandava se in lei pure stesse una regione altrettanto remota, spiegazione del suo essere e fonte del suo sentire.

 

Lei si guardò allo specchio. Riusciva certamente affascinante, ma non era bella. Stette lungamente a guardare il viso, la curva del mento, il collo. Scese lungo le spalle, osservò il petto e poi i fianchi allargarsi, seguì le gambe. Era adeguata, ma non bella: simile più del dovuto a chiunque, un campionario maschile e femminile tanto uniforme da non convincere, l'utenza decisamente priva di originalità. Di sicuro non era bella; non abbastanza per ritenersi all'altezza di lui con i suoi limiti, l'inconscio disordinato, la memoria corta, le nozioni incomplete. Se lui l'aveva scelta, lei non aveva scelto di sé nemmeno le sembianze. Neppure lui si era scelto e almeno in questo erano uguali.

 

Lola era una donna adulta in una simulazione totale e dopo un mese scarso gli fece sperimentare quel che accade alla maggior parte delle donne. Lei aveva la fortuna di non soffrirne particolarmente, benché coinvolta fisicamente e nell'emotività; lui invece ne fu travolto. Si poteva dunque generare, lì? Era per davvero programmato, quel mondo purtuttavia reale? Quando vi entrava, non coglieva altra differenza che la connessione con Lola; senza questo, si sarebbe potuto trovare in un punto qualunque della Terra, riprodotta fedelmente. Secondo lui, fino all'eccesso.

 

Fu soltanto verso il terzo mese che Lola glielo disse. Quel che non disse, e che egli non seppe mai, fu il nome del padre. Lui rescisse il contratto poco dopo ma per Lola non sarebbe cambiato niente. Le personalità esistenti non potevano esser fatte svanire, pena un pericoloso difetto di coerenza in tutto il sistema. Il software avrebbe continuato a macinare dati, altri ospiti si sarebbero aggiunti. Lola ne avrebbe conosciuti alcuni tramite gli avatar, con i quali accedere ai loro segreti. Intanto avrebbe cresciuto un'altra delle numerose identità native che andavano popolando il suo mondo, non previste né richieste da clienti esterni, frutto autonomo della loro esistenza.

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