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Il Bastardo

 

Il corpo celeste più lento mai osservato, un gigantesco asteroide venuto chissà da dove, fu scoperto quando si trovava ai confini del sistema solare. Un astronomo, non un professionista ma nemmeno un pivello; uno, insomma, che sapeva il fatto suo, se lo trovò davanti una notte.

Come ormai faceva da decenni, aveva puntato là in fondo i suoi strumenti, ben poco sperando dal momento che l'atmosfera terrestre distorceva le immagini provenienti dallo spazio; che la luminosità del territorio sotto la sua collina appannava parecchio; che infine la porzioncina di cielo che si era ritagliato, nel sistema di collaborazione internazionale degli osservatori, sembrava da tempo esplorata e conosciuta. Ci sarebbe voluto un fenomeno importante: una supernova, un FRB, o qualcosa di imprevisto. Ma l'astronomo era, necessariamente, persona metodica e paziente: la sua occupazione principale era lo studio di una mole immensa di dati da esaminare, catalogare, mettere in relazione. I viaggi della fantascienza erano spettacolari, ma i viaggi che la mente intraprendeva con quel lavoro fornivano un richiamo maggiore. La naturale disposizione, e ormai anche l'età, lo portavano a rinnovare, in molti modi diversi, le ragioni di stupore che l'avevano affascinato in gioventù; un'occupazione che univa la bellezza delle immagini all'interesse delle informazioni, una visione che soddisfaceva la mente e l'istinto. L'astronomo s'era spesso perduto nella magnificenza della complessità celeste, fra una misurazione e un calcolo, o nelle ore di attesa passate meditando su qualche particolare interessante rivelato dagli strumenti.

Lo vide così: una macchiolina nuova. Una macchiolina che non si aspettava, nel quadro di segnali che variavano impercettibilmente, ed erano perciò chiamate stelle fisse; e fra le traiettorie di comete asteroidi e pianeti passanti talora in quel francobollo di cielo. Stette a guardare lungamente poi, sottovoce, le diede un nome: "Plutone". Sì, doveva essere lui: il nanetto lontano. Mise giù i conti, che non tornarono. Li rifece e nuovamente non tornarono. L'orbita poteva benissimo essere quella, anche le dimensioni, ma la differenza colla posizione prevista era evidente.

L'astronomo si allontanò dalla zona degli strumenti per sedersi alla scrivania, non meno affollata da dispositivi, carte, e oggetti utili a volte solo per il piacere di tenerli accanto. Si mise a scrivere una relazione, mentre il suo sguardo sfiorò il testo di una comunicazione ricevuta un mese prima.

"Diplopia per cause muscolari" vi era scritto. Aveva accolto quella frase con sollievo perché gli sembrava banalmente tranquillizzante il fatto che certi sdoppiamenti della visione fossero causati da muscoli veterani; fronteggiava con successo, da tempo, il calo delle prestazioni fisiche e s'era immaginato un insieme di esercizi che rimettessero in riga anche i muscoli oculari. Tanto più gli era sembrato aver fatto la figura da stupido, il giorno in cui s'era presentato baldanzoso al medico, un neurologo, che cercò di attutire il colpo della diagnosi avvolgendola di terminologia corretta quanto complicata, come a distrarre il paziente ascoltatore.

Quando gli avevano messo il ghiaccio sugli occhi, aveva pensato a una cometa ghiacciata di quelle inseguite nel sistema solare; a tenere lungamente gli occhi chiusi, in riposo, gli era sembrato di raggiungere gli estremi confini della galassia. Al ritorno, la diagnosi di "miastenia gravis" aveva prospettato un raggio d'azione ben minore.

Reagiva agli sdoppiamenti, da allora, con uno sforzo minimo negli occhi e massimo nella volontà.

Fu forse per un simile impulso che senza riflettere inviò il suo scritto, spiegando alle tante persone sue colleghe nel mondo che Plutone non aveva due posizioni diverse ma una sola, da lui rilevata quella notte.

 

Se l'imbarazzo avrebbe permesso di far passare sotto silenzio la dichiarazione, la quantità di destinatari, inevitabilmente, fece sì che la notizia trapelasse nel modo meno discreto, con ironie sullo sbaglio grossolano ma anche con un petulante interesse per l'oggetto, che si faceva notare per la luminosità superiore a quella di un normale asteroide, suscitando interrogativi sulla sua composizione. L'attenzione del mondo si concentrò su di esso mentre eseguiva evoluzioni strane, apparentemente determinate dall'influsso dei corpi celesti più vicini, e intanto l'oggetto sconosciuto si addentrava nel sistema solare.

La credibilità degli astronomi, per i buontemponi, era azzerata, nondimeno furono richiesti da ogni parte a spiegare l'erratico andamento della sua orbita che, passando di fianco ai pianeti giganti nel Sistema Solare, lo fiondava ogni volta in direzione nuova, con una facilità difficile a spiegarsi: forse una massa incredibilmente ridotta, di un materiale leggerissimo.

Quand'ebbe superato Marte, e la sua direzione si stabilizzò, cominciò la frenesia. Alla curiosità popolare non bastarono genti esperte e tutto sommato pacate; da molti intenditori dell'ultimo minuto piovve una marea di annunci, secondo cui la Terra sarebbe stata spazzata via o avrebbe cambiato orbita, l'atmosfera o il campo magnetico si sarebbero perduti. Chi prevedeva un suo passaggio, non lontano ma neppure troppo vicino, fu zittito dalle reazioni che "certe ipocrite rassicurazioni, ispirate da governi mendaci e interessi oscuri" suscitarono in chi preferiva la paura. Anzi, qualche cronista ebbe il buon gusto di interpellare l'astronomo della scoperta; si recò senza preavviso davanti al laboratorio e lo colse mentre usciva.

"Buon giorno!"

La voce, esageratamente allegra, richiamò l'astronomo.

"Come va? Ha fatto qualche osservazione interessante, oggi?"

"Ecco uno che non capisce un accidente." Pensò l'astronomo, e decise in un momento cosa dire.

"Sicuro: sto seguendo l'asteroide per capire dove andrà."

"Davvero?" disse il cronista, incerto se fosse cosa interessante per il gran pubblico. Ma aveva fatto una scommessa e poteva solo rilanciare.

"Ci verrà addosso, come dicono?"

L'astronomo stava per rispondere: "Certo, e moriremo tutti." Ma pensò a come l'avevano preso in giro: se lo dice lui, non è vero; decise allora di togliersi una soddisfazione raffinata.

"Per niente. Ho fatto dei calcoli molto precisi, e sono assolutamente sicuro che non si avvicinerà nemmeno."

Tutto come immaginato: il cronista si volse alla telecamera e, col sorriso da furbacchione, disse:

"Sentito, gente? Il noto astronomo dice che non succederà niente."

Era fatta. L'astronomo, in realtà, aveva avuto altri interessi, nel piccolo pezzo di cielo di sua competenza. Lasciò il cronista a raccontare come, secondo lui, sarebbero andate le cose e si avviò lentamente all'auto di sua figlia, in attesa di riportarlo a casa.

 

La volontà popolare, oltre a decidere del proprio destino, l'ebbe vinta sul nome del corpo celeste.

Siccome la corsa al rialzo imponeva toni che andavano dallo scherzo alla tragedia; poiché alla fine si doveva paventare tutto l'immaginabile ma facendo mostra di non temere, così si sentì diffusamente il bisogno di dare un nome speciale all'intruso. Gli scienziati si erano contentati di un 7I/Tombaugh, a causa dello scopritore di Plutone e altri ragionamenti loro ma il cronista, dalla sua postazione, voleva mettere qualche sigillo personale alla vicenda. Preparò dunque una mole di quadri tabelle video e citazioni che avrebbero dovuto fornire sostanza per il servizio definitivo sull'asteroide, almeno fino al suo arrivo, e capace di stabilire un punto fermo a futura memoria, posto che ci fosse un futuro.

Doveva anche servire come biglietto di presentazione per qualche nuova assunzione. Non c'era nulla di ufficiale, ma nell'ambiente non servivano atti ufficiali per annunciare un licenziamento. Aveva saltellato come una scimmia, negli anni, da una radio a un giornale a un'emittente televisiva, aveva radunato una folla di seguaci sul web e ogni nuovo strumento era colonizzato, un lavoro impossibile per lui solo e, come tutti, aveva la sua squadra di autori, alcuni noti e altri no. Fra questi ultimi, l'unica donna; una persona che preferiva gestire direttamente per non rischiare che lo mettesse in ombra: troppo intelligente, con troppa personalità e lui non poteva credere che sapesse accontentarsi di un compenso pur buono, contrariamente agli altri collaboratori che scodinzolavano contenti quando un'idea era approvata ma poi cercavano di rubargli la scena. Fece dunque con lei il lavoro principale di preparazione e verso la fine della serata avevano deciso, senza avvedersene, come il mondo avrebbe chiamato l'intruso.

Titolò il nome da tutti i suoi canali e così avviò la nuova, e anche ultima, puntata d'un programma con cui era riuscito a inchiodare agli schermi gente di ogni età, nel suo Paese e fuori; un programma ormai chiuso perché qualcuno teneva a precisare chi fosse il padrone. Ad ogni costo. Il costo principale era il suo prezioso cronista, ma tanto maggiore la soddisfazione. A lui non restava che sparare tutte le cartucce, per uno spettacolo pirotecnico che desse l'impressione di una forza invece agli sgoccioli, avendo in rotta di collisione l'ultimo datore di lavoro, un pesce troppo grosso per i suoi ami.

La puntata andò in onda e toccò prendere atto a chiunque di alcune affermazioni e di un termine in particolare; i giornali gli misero la maiuscola come fosse un nome proprio; i commentatori lo diffusero ovunque; e così tutto il pianeta si preparò all'incontro col Bastardo.

 

Fu improvvisata una sonda, al cui arrivo si misurò una massa notevolmente inferiore al previsto, tale da aumentare le perplessità; ogni indagine diede risultati da far credere in una materia mai incontrata, dalle proprietà ignote. La lentezza del suo moto lo rendeva maggiormente minaccioso: le immagini della superficie, glabra e rugosa contro il nero cosmico, furono avidamente bevute da un'umanità impietrita, animaletti colti dallo stupore di fari nella notte.

La donna, se al suo principale committente poteva suggerire notizie bomba, tesi complottiste, scalette televisive mozzafiato, in privato aveva indagato con calma e attenzione. Per cominciare, si era incuriosita dei mutamenti di rotta, aveva studiato e finalmente era riuscita a visualizzare il meccanismo: il Bastardo passava abbastanza vicino ad un pianeta, nello spazio apparentemente vuoto finiva come in un avvallamento, perché questo e nient'altro era la gravità; come quando una palla trovava una fossetta, cambiava direzione e tu la mancavi, così l'asteroide era attirato per un certo tempo nell'orbita del pianeta, ma poi questo s'allontanava lanciandolo più in là. Un ricercatore, consultato per l'occasione, si era illuminato mentre le descriveva il meccanismo, spiegandole come i satelliti artificiali usassero lo stesso sistema per poter arrivare lontano. Splendette addirittura, mentre le spiegava la parte avuta nel calcolare le orbite: secondo dati precisi sulla posizione dei pianeti, avevano saputo prevedere precisamente ogni direzione. Ciò che lei aveva suggerito di presentare come spostamenti casuali, a suscitare le emozioni del pubblico, era stato ormai calcolato senza errore.

La donna poté dunque prepararsi, con largo anticipo, un posto favorevole per lo spettacolo.

Venne il momento in cui l'ampia sua forma si accostò spaventosa, nascose parte del cielo provocando trambusto nel mondo con clima disturbato, animali inquieti, umani impazziti. L'evidenza che non ci sarebbe stato scontro e nessuno stava giocando a biliardo con Terra e Luna, o aveva quantomeno una pessima mira, non bastò a tranquillizzare: l'asteroide era vicinissimo, al punto che sembrava di poter arrivare laggiù con un salto.

Si ebbe modo di rivedere gli stessi picchi e crateri a prossimità insopportabile, in un esasperante avvicinamento: il Bastardo si concedette all'intera comunità umana in repliche diurne e notturne, ruotando rapidamente su sé stesso.

 

Ma la gente ebbe altre ragioni per agitarsi: monti e rocce del Bastardo s'eran viste frantumare, sgretolare, sminuzzare e poi dissolvere in una pioviggine colorata che fece calare sul mondo un brillìo mai visto

La donna aveva speso volentieri i soldi del viaggio e ne era valsa la pena. Il pianeta risplendeva sopra di lei. Dopo il servizio televisivo aveva declinato altre offerte di collaborazione ma non ci avrebbe rimesso: nel suo lavoro era la migliore e, per ragioni incomprensibili ai committenti, non avrebbe cercato mai di scavalcarli, nonostante l'opinione del cronista che l'aveva interpellata. Per questo da giornali, televisioni, rete, tutti si rivolgevano a lei affinché procurasse le informazioni più attendibili e idee tali da coniugare la serietà e il successo di pubblico. Lei non ricercava riconoscimenti o percentuali di notorietà; si ritirava senza mai finire in primo piano. Un po' le dispiaceva ma sentiva di non avere scelta, sicura com'era che, se si fosse dovuto scegliere se dare la gloria a lei o a un collega uomo, non aveva speranze: non possedeva il carattere né il sesso giusto.

Era invece lì, per una volta in prima fila, sotto quella specie di astro, pallida luna surrogata, sotto la pioggia chiara che le veniva incontro. Pensò di poterla raggiungere, prima fra le privilegiate avvolte dalla luce, e alzò le braccia.

Non fu l'unica. Quasi tutte le persone avvertirono un disagio, poi una tensione come a venire sollevate e infine, prossimo il perigeo, cominciarono a schizzare in alto, senza potersi trattenere, ma nessuno contento: ci fu chi salì brandendo inutili armi, lanciando maledizioni o vanamente aggrappandosi a ricchezze che non salvarono. La lentezza del passaggio diede agio alla Terra di compiere quasi tre rotazioni, con ripetuta messe: per tutto quel tempo si ebbe un volare confuso di persone fra la chiara fuliggine in discesa, a riempire di mulinelli l'atmosfera. Chi s'era trattenuto in qualche modo una prima volta, non scampò alle successive; chi era rinchiuso fu trascinato insieme con il proprio riparo, se poco resistente; o fu spiaccicato contro di esso, se robusto.

Il Bastardo, più lentamente che all'arrivo, si allontanò trascinando dietro sé una coda di genti destinate, sembrava, a infrangervisi contro. Altre rimasero attonite a guardare; fra queste, una donna piangeva piano. Perché non era bastato, quel consiglio? Perché il ricercatore, che tanto bene l'aveva informata, non aveva saputo indicarle un punto adatto ad elevarsi, e adesso lui dov'era? O era colpa solo sua, lei sola rimasta, con tutta quella gente intorno ad essersene andata?

 

Il ricercatore sospirò. Tutto, da giorni, aveva perduto un senso. Che i suoi simili preferissero ascoltare i profeti della catastrofe e non chi ne sapeva qualcosa, gli era parso già abbastanza ridicolo, ma che anche un asteroide si comportasse in maniera incomprensibile era troppo, per i suoi calcoli e per lui.

Perduto ogni interesse per un mondo precipitato nella follia, eseguì ogni compito meccanicamente mentre intorno, nel Paese esotico in cui l'avevano mandato, la folla andava osannando la materia che tutti illuminava. Pensava che qualcuno, in qualche modo, avrebbe dovuto curare i bisogni di chi teneva la testa china sul proprio lavoro; ci si sarebbe dovuti interessare di sapere cosa pensava, uno come lui; era gente di quel tipo a portare avanti le cose ma non se ne accorgeva nessuno. Inquadrò a fatica la gente intorno: la massa acclamava il nuovo lucente visitatore, ognuno perso nella luce strana in cui le singole figure si mescolavano, perdevano consistenza e diventavano invisibili; invisibile pure lui, mero strumento per la produzione di dati aggregati e impersonali. A sua volta, pensò, avrebbe dovuto interessarsi alle persone, anche in quel Paese lontano da casa; alle loro condizioni. Si dimenticò di sé stesso guardando la gente, non una folla ma un numero enorme di persone, tutte prese in una danza di benvenuto improvvisata eppure, in qualche modo, concorde: ognuna ballava il suo saluto e infine, come fosse la cosa più naturale, cominciò a innalzarsi mossa, così pareva, dal proprio entusiasmo. Per un momento, invidiò la capacità di elevarsi per la sola forza della loro convinzione e fu a un passo da esultare insieme a chi rimaneva giù, ma poi gli giunse notizia, dai colleghi nel mondo, di reazioni ben meno entusiaste, di grida e terrore in chi volava via.

 

Il terzo giorno, la Terra era non più che malconcia, le umane installazioni richiedevano interventi ma niente di serio. Gli umani invece erano in gran parte andati; dei restanti, in buona percentuale contemplavano perplessi i postumi d'un fenomeno che non li aveva toccati e gli altri rimanevano inebetiti per l'esperienza, sentendo come se gli avessero strappato via qualcosa e faticando a ritrovarsi in quanto rimasto. Fecero il conto dei mancanti e, dopo poco, ci fu chi notò almeno una regolarità: fra di essi erano i peggio famigerati, i più ostili e temuti fra gli umani.

Proprio così: a seguire il Bastardo erano stati molti fra i peggiori. Lo confermava, da una parte, la fama di tanti dei dipartiti; dall'altra, l'incredula situazione delle genti scampate, che avevano percepito anch'esse la chiamata ma, rimanendo a terra, si erano sentite come diminuire d'una pesantezza interiore mentre una oscura reazione s'era prodotta in esse, quando la materia misteriosa aveva riempito l'atmosfera. Si disse che alcuni umani risplendevano mentre la pioggia di sostanza leggera e volatile li raggiungeva, provocando un leggero tremore, ma subito dopo altro sembrava espulso dai loro corpi, per innalzarsi autonomamente. Coloro confermavano, precisando di aver provato dolore e sollievo insieme, un senso di perdita e simultaneo guadagno. Qualcosa come una gentilezza mai sperimentata si diffuse nel loro comportamento, talvolta disturbata da richiami a spigolosità non più loro.

 

Il ragazzino, dopo avere pianto un po', aveva guardato in giro un'altra volta, caso mai qualcuno dei fratelli fosse rimasto a terra. I genitori no: li aveva visti bene andarsene, ma per qualche motivo pensava che almeno il maggiore sarebbe restato: non capiva il fenomeno, ma sentiva strano l'abbandono dell'unico ad averli tante volte difesi e aiutati, pur nei suoi modi grezzi. Confusamente, percepì anch'egli la regolarità capace di determinare destini diversi: differenza da definire, ma in qualche modo già compresa. Dilatato lo sguardo, forse per la prima volta, al di là della baracca che tutti aveva contenuto, era stato accolto dal vuoto. In pochi restavano, della brulicante umanità d'intorno sempre sentita ostile, ma a quei pochi s'era rivolto. Non ricordava che fosse stato mai prudente, eppure decise di dar loro la possibilità d'un contatto. Il primo ad avvicinarsi fu uno straniero, uno di quegli scienziati giunti lì, fra i sospetti di ognuno, a combinare chissà cosa e ancora dovevano dimostrare di non aver prodotto loro tutto quanto. Ma l'espressione, in cui sembrava stampata un'inesausta curiosità, lo fece sentire degno di qualche attenzione. Decise di dargli credito.

 

Ci volle del tempo perché l'umanità si riprendesse. I membri rimasti erano davvero pochi, per poter sostituire il lavoro di tutte le genti trasvolate. Perciò, con una buona volontà prima sperimentata solo raramente, per brevi periodi e sotto spinte emergenziali, ogni persona diede il meglio di sé in quanto poteva: decimate in ogni parte del mondo senza distinzione di nazionalità, sesso, età (s'erano visti partire bimbi e neonati!), si trovò per ogni dove chi producesse cibo e beni, chi organizzasse e trasportasse, chi studiasse soluzioni alle nuove difficoltà.

Tutti erano mossi da un comune altruismo e, in breve tempo, si tentò di por mano allo studio della materia rimasta; lavoro, si scoprì, tutt'altro che facile: all'inizio, sembrava assorbita rapidamente, ma in breve si vide che stava degradandosi, al contatto con quasi ogni altra sostanza, e nulla rimaneva da esaminare; le persone che l'avevano riassorbita ritrovavano in sé i tratti di una personalità che avevano imparato a schifare: esse, più di quelle immuni, conoscevano gli effetti bastardosi dell'avere in sé ciò che s'era convenuto di considerare un corpo estraneo infestante, per nulla parte di loro stesse. Si pose dunque il problema di come liberarle, far uscire dal loro corpo l'intossicante Bastardite, mentre esse compivano sforzi considerevoli per non cedere anche al minimo degli effetti: moti considerati, fino a poco tempo prima, normali e a volte perfino apprezzabili. Furono, gli individui contagiati, penosamente impegnati a contrastare impulsi ormai unanimemente considerati negativi: punte di rivalsa, scosse di egoismo, voragini di paura, venivano riconosciute; quanto prima era sembrato ragionevole, smascherato. Una forma nuova, che si convenne di definire bontà, stava sostituendo le penose imitazioni che prima accontentavano quasi tutti. Intanto, conferme arrivarono dall'esame dei morti rimasti a terra: la sostanza malefica, per l'effetto dell'attrazione, s'era raggrumata in sassolini intorno ai resti.

 

Era stata sua mamma prima di diventare moglie di suo papà. Benché questi nomi suscitassero negli estranei un attimo di indecisione, e in lui un divertito compiacimento, era così che aveva deciso di chiamarli. Lui, che la vita aveva fatto crescere in fretta, finito in mezzo a quei due cervelloni, convinti che l'umanità obbedisse a leggi lineari e ragionevoli, per quanto stupefacenti, simili a quelle della natura che indagavano. Due persone dal cuore d'oro che al suo paese d'origine sarebbero sopravvissute dieci minuti al massimo. E lei aveva deciso di diventare sua mamma, concedendo a una relazione qualsiasi, ancora in prova, di trasformarsi nella sua vita quando il fidanzato aveva portato in dote, dall'ultima missione, un ragazzino scorbutico e sospettoso. E così egli era rimasto fino a una vacanza extra, preparata con ogni cautela, al paesello dov'era nato. Arrivati nella zona in cui più o meno sorgeva un tempo casa sua, e non trovandone traccia alcuna, aveva cercato di recuperare almeno l'atmosfera dei suoi ricordi, scoprendo invece che quella terra non era segnata, come tutti dicevano un tempo, da destini di fatica e dolore; non più, insomma. Perfino la differente fragranza dell'aria aveva compiuto la trasformazione definitiva: le guerre del passato archiviate, poteva deporre armi ormai inutili.

 

Mentre così l'umanità passò gli anni seguenti ricostruendo sé stessa, dentro e fuori, ci si volse in cerca del Bastardo col suo carico umano. Fu ritrovato ancora nel Sistema Solare; l'attrazione dei pianeti interni e del Sole ne aveva mutato la rotta con facilità stupefacente. Sembrava che ogni corpo celeste fosse stato al posto adatto a determinare un avvenimento inconcepibile e, udite udite, risultò che ci si dovesse preparare ad un altro incontro ravvicinato!

Si cominciò a svolgere preoccupati rilievi. Non si temette di perdere altri membri della famiglia umana, poca la sostanza riassorbita, ma faceva paura l'idea che un'ulteriore pioggia tutti potesse, come prima, incattivire.

Furono fatte ipotesi pietose sul destino dei partiti, si elaborarono teorie secondo cui non ci sarebbe stato un impatto violento coll'asteroide ma la gente, nell'inseguirlo, avrebbe percorso una traiettoria curva che poteva rallentarla e preservarla; la consistenza di quell'umanità in volo aveva potuto forse trascinare atmosfera bastante a preservarla: ci si disse che l'asteroide poteva già avere un'atmosfera e si sperò contenesse a sufficienza di che mantenere caldi e sicuri i due volte sventurati individui. Giacché non solo la loro fine era ritenuta miserevole, ma tanto più la loro vita, inquinata al punto da farli nemici di sé e dell'umanità. Nessuno volle considerare che, per sopravvivere, una roccia nuda sarebbe stata comunque insufficiente.

In tutto il trambusto era passata in secondo piano un'eclissi che avrebbe dovuto richiamare da ogni dove eserciti di osservatori: scienziati, amatori astronomi, giornalisti, romantici, curiosi, avevano previsto con largo anticipo di ammassarsi lungo una curva sul pianeta, là dove l'effetto sarebbe stato completo. L'appuntamento assunse maggiore importanza quando fu rilevata l'ennesima incredibile coincidenza: il Bastardo si sarebbe sovrapposto alla traiettoria lunare, nascondendo il nostro satellite mentre quello nascondeva il Sole. Sembrò che nessun umano se la sentisse di perdere un tale fenomeno; tutti insieme, concordemente, si organizzarono affinché ognuno fosse contentato. Non s'era mai visto, in nessuna epoca, un tale spostamento compatto e bene organizzato: furono approntati trasporti, ricoveri e vettovaglie; un'umanità solidale, stanti il numero ridotto e la concordia, realizzò l'impresa.

 

Lei ricordava la prima volta in cui l'avevano portato con loro ad un'eclissi, gli occhi del giovane che si aprivano come a contenere tutto intero il satellite e poi la faccia, come una deliziosa luna piena adolescente, incapace di nascondere il furore di una mente che aveva scoperto l'infinito.

"Mamma, preferirei non venire."

Lei aveva accolto la frase, detta con imbarazzo, e atteso per un momento. Aveva preso l'usanza per osmosi dal padre, si diceva: gli occhi per un istante disconnessi dalla visione, quasi ad attendere che il pensiero desse disposizioni, quell'uomo si poneva in uno stile personale di ascolto. A quel modo lei attese e altre parole vennero.

"Non desidero rivedere quei posti. Ho ancora dei conti aperti."

"E l'eclissi?"

"C'è quell'affare di mezzo, non è la stessa cosa."

Come dargli torto? Sulla destinazione e sull'obiettivo. Difficile fare i conti con una storia quale oggi appariva pesantemente segnata mentre un tempo era sentita come l'unica vita possibile. Un ragazzino convinto che tutto il mondo funzionasse come nella sua famiglia e un mondo, come quella famiglia segnato senza saperlo; un passato oggi doppiamente estraneo. E quell'affare, come l'aveva definito, causa e segno di tutto, del passato come del presente.

Lei pure, capì, temeva ciò che avrebbe potuto scoprire, alzando lo sguardo a quello specchio nel cielo.

 

Venne il giorno. Quanto si riusciva a puntare in alto per seguire l'avvicinamento fu puntato; ogni dispositivo di misurazione fu disposto. L'asteroide s'era trovato a passare per la distanza giusta a dare una totale sovrapposizione dei tre corpi ma, mentre la Luna era nera per il contrasto col Sole dietro, il Bastardo splendeva di luce propria, tanto da diffondere la sua spettrale immagine sopra gli umani ammutoliti. Per i pochi minuti dell'evento, la Terra tacque.

Non ci fu pioggia, maggiore la distanza; non ci furono voli.

E mentre il Bastardo transitava sulle loro teste, ancor più lentamente di prima, il Sole svanì, la Luna fu oscurata e una notte ancor più nera, nera come mai fu prima e mai sarebbe stata in seguito, calò. Agli occhi attoniti dell'umanità vivente, l'asteroide si rivelò totalmente ricoperto di quanto rimaneva dei loro simili, solo in parte frammischiati a residui estranei; un cimitero immane. Fu lo spettacolo di un inferno immobile, congelato mentre i prigionieri ancora si agitavano per sfuggirne, imprecando. Una bolgia senza fuoco né ghiaccio, solo l'immagine di dannati privi di colpa. Lassù ognuno rivide, tragicamente commentata, gran parte della propria vita.

La Luna per prima si scansò, la luce riprese il suo posto nel mondo e, oscurato, solo rimase l'asteroide. La sua vista rimase possibile ad alcuni apparecchi ma, come ad un segnale, l'umanità si riscosse, tralasciò ogni rilevamento e iniziò i preparativi per il ritorno di ciascuna parte a casa propria, lasciando alla meccanica celeste di sbarazzarli del loro passato recente.

 

Mamma due volte, una nonna. Il giovane le somigliava come il giorno alla notte ma, dalla sua nascita, lei aveva scoperto somiglianze: i gesti o la curva del gomito; i gusti o i tratti dell'indole; le dita e il colore degli abiti. Le conseguenze delle proprie scelte, sembrava, riverberavano nelle altre persone ben al di là del legame genetico. Il figlio di suo figlio adottivo poteva essere determinato così? Poteva lei, colle sue azioni, decidere per il bene o il male d'un tratto, trasformarne il destino? Fin dove si spingeva la vita di una persona, di generazione in generazione?

"Sembra una storia incredibile, nonna. Mi sento piuttosto responsabile di me stesso, ogni persona è convinta di agire personalmente; non è come prima."

"Non c'è alcuna differenza. Anche allora, ero convinta che i miei sentimenti, le mie emozioni, le voglie e le paure, fossero tutte cose provenienti da me. La nostra mente cosciente si limita a prendere atto di ciò che percepisce e lo divide in un 'dentro' e un 'fuori'. E adesso, come allora, c'è chi tende a giustificare a priori il dentro come fosse solo una libera espressione di sé. Ma in questo modo, a che serve il raziocinio? Solo a mettere un timbro a cose già decise!"

"Sì, come no!  Non si potrà mica combattere anche contro quello che viene in mente!" disse quello che era ormai un uomo, alla nonna che ancora lo viziava

"Tanti maestri dell'umanità, per millenni, hanno proprio affermato questo."

"Ma oggi è diverso" replicò lui, incerto "non è così?"

"Manca la Bastardite, è vero. Ma l'umano ha mille sfaccettature, infiniti stimoli. Continuamente si sceglie in che direzione muovere la mente."

"Anche prima, dunque, si poteva decidere a favore o contro; gli umani erano liberi."

"In teoria sì. Non abbiamo ancora capito del tutto il rapporto della nostra mente con l'influenza della materia estranea."

"Se, come dici, faceva apparire bello compiere un atto di violenza o un'azione disonesta, non si avevano difese."

"È quanto tutti noi continuiamo a ripeterci, per non sentire troppo peso."

Il giovane vide quello sguardo ritrarsi nei propri pensieri, al modo che conosceva. Delle persone più anziane sapeva questo: che erano tutte costantemente impegnate a ripensarsi: alcune in cerca di giustificazione; altre come per cernere, dalla commistione dei lunghi anni di cattività, il sé autentico; altre, e sua nonna fra esse, continuamente all'erta, evidentemente paventandosi non ancora del tutto salve.

 

Forse il termine 'umano' ancora non era stato concepito in alcuna lingua, a distinguere i membri della specie da ogni altro ominide, e si era appena scoperta quella posizione anomala, nel creato, che trasformava ogni gesto in cultura, ogni pensiero in uno specchiamento per cui ritrarsi.

Il cielo era già, da qualche generazione, figura di un infinito che non si sarebbe mai saputo dove mettere; la terra, immagine della propria stessa esistenza, contemporaneamente luogo presunto di ogni pericolo e di qualsiasi opportunità.

Ci fu dibattito intorno alla nuova luce, che si accresceva da un giorno all'altro e sembrava voler piovere dal cielo alla terra, disturbando una distinzione data per sicura da sempre.

Nel sicuro di una caverna, un gruppo numeroso aveva esaminato il fenomeno in ogni modo, ma non si era giunti ad un accordo: la luce immensa era là fuori e molti avevano deciso di doverla accogliere all'aperto. Qualcuno diceva che la luce, benché diversa da ogni altra e anzi a causa di ciò, andasse accettata; altri membri temevano che le troppe promesse di quella novità fossero un inganno: chissà da dove, chissà da chi.

Ogni gruppo consultò i suoi totem, se mai esaminandone il significato non si potesse decidere, finché il gruppo del Serpente non concluse che la luce era bella; desiderabile era il leggero polverio che sembrava, da alcuni giorni, provenirne; sicuro il beneficio e il potere che ne sarebbe potuto derivare. Trascinarono alla decisione molti altri. I refrattari restarono nella caverna mentre un tipo nuovo di celebrazione fu istituito, con la luce ormai sopra di loro a cancellare quasi ogni altro segno dal cielo: i membri del Serpente s'erano accordati sul tipo di atti da compiere e sul ruolo da assegnare agli altri partecipanti.

Non appena, però, i riti presero forma, si assistette ad uno spettacolo spaventoso: preceduto da un tremore di tutta la terra, il grande corpo cominciò a spezzarsi, i blocchi più grandi a loro volta sbriciolati. Una gran parte della massa lucente fu dispersa sulla terra. I celebranti si eccitarono ancora nel canto e nelle danze. In breve, la luce giunse a loro sotto forma di una polvere che la pelle assorbiva dando un'eccitazione mai provata. L'evento fu accolto a conferma della scelta compiuta, tanto maggiore colpa si attribuì a chi non aveva voluto unirsi a loro, alcuni timidamente affacciati. Sembrò opportuno che non si lasciasse senza reazione la colpevole assenza; i riti si fecero selvaggi e incontenibili, finché non fu deciso di sterminare quanti rimanevano nella caverna.

 

"Dimmi, vecchio: tu ne hai conosciuti, vero?"

L'anziano, chiamato in causa da un ragazzo del gruppo, valutò quanta polvere avrebbe potuto assorbire, se ne fosse giunta, e concluse che sarebbe stata molta.

"Ne ho conosciuti sì. Che vuoi sapere?"

"Mi interessa capire come si giustificassero. Voglio dire: si racconta che una volta fosse normale fare cose terribili. E a parte quelli volati via: i peggiori; quelli rimasti non erano proprio degli angioletti, vero?"

Cercò, nei sorrisi degli altri, sostegno al tono disinvolto, volutamente superficiale, e poi continuò.

"Insomma, chissà cosa mai avevano fatto, no? Le volte che saranno stati... scortesi, o pigri. Come se lo spiegavano? E non è che qualche volta ne avevano un po' nostalgia?"

Il vecchio pensò a sua nonna, alle cose dette e a quelle taciute.

"Credo che non cercassero giustificazioni. Il sentimento predominante era il sollievo: si erano liberati di un peso che determinava i loro atti."

"Quindi non erano responsabili di quello che facevano. È così?" disse uno che del gruppo sembrava l'intellettuale.

"Oh, lo erano sì."

"Ma erano costretti…" obiettò una ragazza.

"Già."

"E allora…?"

"Allora nessuno ne sa niente. Sembra che la Bastardite stimolasse il peggio degli umani, ma non è chiaro come, né si capisce in che modo alcuni ne fossero quasi immuni e altri no. Dalle analisi fatte sulle dichiarazioni raccolte negli anni, tutte confuse, alcuni studi affermano una possibilità di scelta mentre altri si sono dedicati a cercare la modalità di trasmissione fra le generazioni; è uscito un quadro tutt'altro che chiaro: le persone che lo hanno studiato, qualunque fossero le ipotesi di partenza, hanno trovato sempre qualche elemento che le confermava. Chi crede nel libero arbitrio ha continuato a crederci; chi vede il comportamento umano come la risultante di un complesso insieme di cause fisiologiche, non ha arretrato di un passo."

"Già, ma io penso" riprese il primo ragazzo "che ci fosse partecipazione, anche se non consapevole. Un conto è se ti viene una voglia, un conto è farlo."

"Vero. Ma immagina di essere cresciuto con quelle voglie; immagina che siano comuni, che in giro se ne parli bene. Immagina che ti sembri di non avere scelta."

"La capacità di scelta è ciò che ci rende umani." Disse l'intellettuale.

"Secondo me" disse un'altra ragazza "siamo umani proprio a causa della complessità. La stessa cosa che ci rendeva vittime della Bastardite." Aggiunse. "È una continua scelta fra mille opzioni, ma quella cosa era troppo complessa."

Guardò lo sconosciuto per avere conferma e questi, sorpreso egli stesso nel ruolo di esperto in una materia che non aveva esperti, ritenne opportuno dare una virata al discorso.

"Quando il Creatore" esordì "ebbe fatto ogni cosa, vide che tutto era molto buono e funzionava alla perfezione." Compiaciuto dallo stupore dei ragazzi, continuò, in tono appena un poco enfatico.

"Ma fra gli esseri creati, non tutti erano uguali. Degli animali, solo gli umani avevano una coscienza. Nella mente del Creatore, avrebbero dovuto trasformare l'universo intero in una forma della sua stessa forma." L'uomo aveva sempre goduto di una speciale capacità nel conquistare l'attenzione e, affinata da anni di pratica, la mise in atto facilmente.

"Diede loro, però, un avviso: dell'infinito che vi pongo innanzi, abbiate cura di affrontarne solo un po' alla volta, quanto le vostre menti saranno pronte a vedere. Badate di mantenere l'umiltà, perché la mia immensità non vi schiacci... immagino che a scuola ne avrete studiate per così, di teorie che pretendevano di spiegare ogni cosa senza saperne a sufficienza."

"Altroché!" Commentò l'intellettuale.

"Tutto procedette bene per un po', mentre quegli esseri facevano grandi progressi e diventavano i più potenti fra le creature. Fra gli altri animali ce ne fu uno che divenne invidioso: era il serpente, astuto ma senza coscienza. Dopo molto tempo in cui la vita procedeva a meraviglia, venne il momento in cui trovò il modo di rovinare la vita agli umani.

Passava di lì un asteroide enorme… le avete viste le immagini, no? Ebbene, immaginatelo tre volte più grande… e la sua luminosità attirava: non si sapeva se fosse cosa buona o cattiva… perché non ragionavano come noi, la buttavano sul morale… e alcune persone volevano vedere, incuranti dell'avviso delle altre: 'badate che non sia troppo presto!'. Fu allora che il serpente pensò che fosse giunto il suo momento. Venne da loro e disse: il Creatore vi proibisce di fare qualunque cosa!"

"I serpenti che parlano, eh eh…"

"A quei tempi era così. Come Enkidu."

"Chi era Enkidu?"
"Silenzio, fate raccontare!"

"Or dunque disse: il Creatore, eccetera. E quelle persone risposero: non è vero, possiamo fare tutto ciò che sarà alla nostra portata, ma quella figura è troppo grande e ci schiaccerà. Non è così, replicò il serpente, se sarete coraggiose, acquisirete un potere paragonabile alla sua luce. Il discorso piacque ai nostri antenati e così se ne andarono tutti fuori dai loro ripari per entrare in contatto con l'ignota entità.

Ora, almeno questo sappiamo: si tratta di un materiale altamente friabile. Immaginate la pioggia dell'altra volta ma enormemente maggiore… purtroppo la Preistoria non ci ha lasciato filmati ma dev'essere stato uno spettacolo incredibile… e così l'intera umanità fu travolta dalla Bastardite. Essi non capirono questo; semplicemente, si sentirono investiti di un potere per loro sovrumano e, verosimilmente, presero a colpirsi a vicenda incapaci di tenere a freno i nuovi impulsi."

Al gruppo di giovani era piaciuto ascoltare la storia, anche se non si coglieva il succo.

"Da allora, a causa di un solo atto incauto, l'umanità si è trascinata come sappiamo finché, per una alquanto tardiva combinazione, il resto di quell'asteroide, o uno simile, è passato a fare lo sconquasso che sappiamo. Ora ditemi: è stato un bene o un male, che passasse nuovamente?"

I suoi interlocutori, giovanilmente, si affrettarono a dire la loro.

"Un bene" fece l'estroverso "perché ci siamo liberati."

"Ma tutti quei poveretti…" disse la prima ragazza, e andarono avanti così per un po'.

"È molto più complicato di così." Disse l'intellettuale guardando il vecchio, in nome del principio che se non puoi risolvere problemi, puoi però porne di nuovi.

"Certo che è complicato. La storia che vi ho raccontato poteva essere il mito fondante di un'intera civiltà, con tutte le sue complicazioni: la concupiscenza, la mancata cautela, l'uccisione rituale e probabilmente qualche senso di colpa e atti di espiazione. Stiamo qui a domandarci se quei cattivacci fossero colpevoli, e quanto, e intanto l'intera umanità pagava per una scelta che probabilmente avremmo fatto anche noi, ma che certo non avevano fatto tutti i miliardi di umani vissuti da allora in avanti. Ora, fate finta di ragionare all'antica e ditemi: che colpa avevano, in fin dei conti? Ma allora, non c'era neppure merito, non c'era niente di niente. Ditemi voi se non fa compassione, questa specie che si danna tanto per cercare un senso in un fatto così insensato."

"È un tantino nichilista, tutto ciò." Commentò l'intellettuale.

"A me fa tanta compassione." Disse l'altra ragazza. "Una persona è presa e l'altra lasciata senza che si sappia il perché. Forse non ci capisco niente perché non c'ero, ma il pensiero di una prigioniera della Bastardite mi fa venire voglia di essere lì, abbracciarla, e dirle: coraggio, ti voglio bene lo stesso. Perché se nessuno glielo dice, non si può salvare."

"Ti avrebbe dato una coltellata." Sogghignò l'estroverso, ma la compassionevole non cedette.

"Chiaramente, bisognava saperci convivere, ma che alternativa proponi?"

"Cosa troppo grande, ti schiaccerà!" Citò l'intellettuale.

"Povera gente." Concluse lei.

"Mi dica" Chiese l'estroverso "lei ha conosciuto qualche liberato?" Erano detti liberati gli individui mutati per avere perduto la Bastardite.

"Sì, persone anziane, come me rispetto a voi. Le più confuse. Voi non lo potete sapere, ma col passare degli anni si sviluppa nostalgia anche per i tempi e i luoghi in cui si è stati male. No, credeteci: è spesso così. E loro avevano nostalgia per quello che erano state e per il mondo di allora. Sentivano addosso un giudizio ma non riuscivano a rinnegare il passato. Avevano tutte fatto del loro meglio, con le risorse che avevano. Mia nonna sembrava che vivesse col freno a mano tirato: non era cresciuta così, non aveva sviluppato una personalità in quel modo e ogni circostanza la sorprendeva impreparata. Provava sollievo: sia per non essere volata via, sia per essere libera. Però non sapeva che farci. Hai ragione tu, ragazza: povera gente."

"Lei cos'è, uno scrittore?" Chiese l'estroverso.

"Non proprio: sono un attore. La pecora nera: mio padre e i suoi genitori adottivi, due liberati, erano astronomi."

"In effetti, le sa raccontare, le storie."

Si salutarono amichevolmente, come sempre facevano gli umani. Il vecchio lasciò la combriccola a continuare la discussione e andò verso casa. "Bella," si disse "l'idea di chi sta nella caverna. Piena di riferimenti in molte direzioni. Dovrei farci qualcosa. Probabilmente non andò così, ma è divertente crederlo."

 

"È andato, allora." Suo nonno non poté trattenere l'emozione quando il nipote gli diede la notizia.

"Proprio così. Era ormai disfatto e consumato, le interazioni gravitazionali dei corpi maggiori nella fascia di Kuiper lo hanno scosso abbastanza perché si disfacesse. Per quel che ne sappiamo, l'ultima Bastardite sarà dissolta lassù."
"Aspetta, quali corpi? Non è che ce l'hanno rispedito indietro?"

"No, ti dico. Sono Plutone, il più grande, poi Eris, Makemake, e tanti altri. Alcuni di questi lo hanno incontrato e fatto sbriciolare."

"Lui col suo carico..."

"Sì, quei poveretti. E la sonda che avevamo mandato lassù. L'hanno seguita e ora è certo: 7I/Tombaugh, detto il Bastardo, non esiste più."
"Ma quella… fascia, perché si chiama così?"

"Dal nome di uno degli astronomi che l'hanno studiata. È una zona oltre i pianeti giganti, piena di asteroidi e pianeti nani. Lontanissima."

Il nonno si ritirò nei suoi pensieri, ricordando persone di vari anni prima.

 

Tutto il mondo tirò un sospiro di sollievo. La sonda arrivata lassù aveva continuato a mandare il suo segnale, dando indicazioni puntuali dello spostamento, prima erratico e determinato da ogni corpo incontrato sul percorso e poi, superata nuovamente l'orbita di Plutone, noiosamente rettilineo fino al momento della dissoluzione.

Altre due generazioni erano passate, la vita era migliorata per tutti, il progresso sembrava più che un concetto troppo ottimistico, i valori che l'umanità aveva creduto di perseguire lungo tutta la sua storia parevano realizzarsi in modi creativi. Ci si commuoveva sinceramente per malattie o incidenti; ci si esaltava con trasporto per ogni bene occorso a chicchessia.

La memoria della condizione precedente rimaneva come il ricordo di un incubo; amarezza tanto maggiore suscitava l'idea degli umani spazzati via per causa non loro, le cui vite erano trascorse, lunghe o brevi, prigioniere della sostanza ignota.

Restavano molte domande: tutto il minerale che avevano avuto in corpo, era stato lasciato dal Bastardo, eoni addietro, o da un suo simile; e quante generazioni prima era accaduto; e cos'avevano provato le persone, alla prima esperienza di quelle condizioni? La prima di una serie di sofferenze. Ma infine, quanti asteroidi del genere erano presenti, nell'universo? Si sarebbero dovuti guardare da una nuova contaminazione ad ogni cometa?

Da quei tempi, non c'è puntino in cielo che non susciti apprensione.

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